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La polpetta acquistata in un supermercato. Ogni anno 70 mila infettati
Stephanie, la ventiduenne
paralizzata da un hamburger
Carne poco cotta, c'era l'E.coli. Sotto accusa la catena alimentare
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Dal nostro corrispondente Paolo Valentino
WASHINGTON — L'incubo di Stephanie Smith cominciò una sera d'autunno di due anni fa. Una cena in famiglia. Il classico barbecue americano della domenica. Hamburger, insalata e patate al forno. Ma in quella polpetta di carne tritata, acquistata surgelata a un supermercato, non c'era Angus Beef selezionata e di prima qualità, come dichiarava l'etichetta della Cargill, l'azienda produttrice. Era un impasto immondo, fatto di ritagli di mattatoio pieni di grasso e di una poltiglia ottenuta centrifugando i resti degli animali in un impianto del Wisconsin. Gli ingredienti venivano da Nebraska, Texas, South Dakota e perfino da un macello dell'Uruguay. Cominciò con forti dolori di pancia e crampi. Lei pensò a un virus. Poi vennero la diarrea e il sangue alle feci. La sofferenza si fece insopportabile. Cinque giorni dopo aver mangiato l'hamburger, Stephanie, 22 anni, venne ricoverata al St. Cloud Hospital del Minnesota.
La diagnosi: avvelenamento da colibatterio. La più virulenta e devastante delle salmonelle: O157:H7. La ragazza entrò in coma e vi rimase per nove settimane. Quando ne uscì, il male aveva devastato il suo sistema nervoso. Non poteva camminare, era paralizzata dalla vita in giù. «Perché a me? E perché da un hamburger?», si chiede Stephanie raccontando la sua sconcertante vicenda al New York Times, che vi ha dedicato la prima e un'inchiesta di due pagine nella sua edizione domenicale. La risposta in parole semplici è che la ragazza ha avuto sfortuna nella roulette russa di una catena alimentare ad altissimo rischio, che ogni giorno gioca con la salute e qualche volta con la vita di milioni di americani. È dal 1994, da quando un'intossicazione collettiva da colibatteri esplose nei ristorati Jack the Box portando alla morte di 4 bambini, che le aziende produttrici di cibo e le reti di distribuzione sono state messe in guardia con un divieto severissimo di vendere prodotti contaminati. Ma ogni anno negli Stati Uniti, ci sono 70 mila persone che contraggono l'agente patogeno dopo aver ingerito prodotti delle grandi multinazionali alimentari.
E se è vero che il caso di Stephanie Smith sia estremo e che gran parte degli intossicati non accusino conseguenze permanenti per la loro salute, l'indagine del Times squarcia il velo di un sistema, dove non c'è alcuna sicurezza igienica, la carne è di indubbia provenienza e di fatto mangiare un hamburger equivale a una scommessa. Nei giorni seguenti al ricovero di Stephanie, 940 persone che avevano consumato lo stesso tipo di polpetta si ammalarono, costringendo la Cargill a ritirare dal mercato l'equivalente di 400 quintali di carne macinata. Mancano seri test sugli ingredienti e la loro origine, le ispezioni negli impianti vengono ridotte al minimo per tagliare sui costi, i lavaggi delle carcasse sono sempre approssimativi, le direttive emesse dal Dipartimento dell'Agricoltura quasi sempre rimangono inapplicate. Il dramma del Minnesota ha smosso qualcosa. Colpita da centinaia di cause penali intentate dalle vittime, Cargill ha accettato di rendere più severo il processo produttivo. Stephanie intanto vive nella casa della madre a Cold Spring, passa molto tempo facendo fisioterapia, pagata dall'azienda che l'ha avvelenata come anticipo sull'accordo di risarcimento finale. I suoi reni sono a rischio permanente di blocco. Faceva l'insegnante di danza per i bambini, prima. Quei passi non potrà farli mai più.
05 ottobre 2009(ultima modifica: 06 ottobre 2009)
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COMMENTI
Dagli Stati Uniti
05.10|19:35
grace1360
Purtroppo molti americani vivono di barbeque e di fast food, e in generale non prestano alcuna attenzione alle conseguenze di questi cibi sulla loro salute. E purtroppo storie come quella di cui sopra non sono cosi' rare. Mi mancano i cibi sani: qui negli USA, nonostante le pubblicita' dicano il contrario, e' quasi impossibile trovarne. Cerchiamo, almeno noi italiani con una cultura culinaria sana, di dare il buon esempio!
E' la dura legge del mercato
05.10|19:17
ajeye braszov
E vergognoso. Ma è anche vero che con miliardi di persone da sfamare al mondo dobbiamo rassegnarci a mangiare monnezza. E pagandola, pure.
fast food
05.10|18:52
200509
Avete notato che negli hamburger acquistati nei fast food la carne è sempre troppo cotta? Probabilmente non si tratta di disattenzione degli addetti alla preparazione dei panini, ma di precise disposizioni, in temini di sicurezza, date dai responsabili, per la serie: non si sa mai...
Non avete idea
05.10|17:42
malizia
Non avete idea delle schifezze in vendita negli USA...
SINDROME FATALE
05.10|17:42
Gemellilombardi
Anni fa ho letto il libro di cui il titolo sopra, dello scrittore ROBIN COOK - trama.........Kim Reggis è un cardiochirurgo che non solo ha divorziato da poco, ma ha anche perso la posizione di primario del proprio reparto. E i suoi guai non finiscono qui, perché la figlioletta Becky viene colpita da una grave intossicazione alimentare. L'inesorabile progredire della sindrome, che porta alla morte Becky a causa del batterio E. coli, lo spinge a un'indagine dagli esiti agghiaccianti. L'industria della carne e l'organismo statale preposto al controllo risultano infatti legati da una segreta complicità ai danni dei consumatori e chi volesse far luce su questa sporca faccenda potrebbe rimetterci la vita... Credo che il limite tra realtà e creatività/pazzia, si stia sempre più assotigliando, se è così pensiamo tutti a quello che facciamo e mangiamo e che tutti pensino a quello che fanno, in casa e in azienda !!!
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