Tremonti, la crisi e la critica alle banche.

"Non è finita, vinto un mostro ne spunta un altro"

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    Crisi/ Tremonti: "Non è finita, vinto un mostro ne spunta un altro"
    Giovedí 06.01.2011 12:49

    Giulio Tremonti

    La crisi economica "non e' finita" secondo il ministro Giulio Tremonti: come ha detto intervenendo a un convegno a Parigi, "e' come vivere in un videogame, compare un mostro, lo combatti, lo vinci, ti rilassi e subito spunta un altro mostro piu' forte del primo". Insomma: "si dice che va tutto bene, ma ne siamo proprio sicuri?", si e' chiesto il ministro.

    Nell'ultima crisi economica si e' utilizzato il denaro pubblico "per salvare con le banche anche la speculazione" e il risultato e' che "siamo tornati quasi al punto di partenza", ha aggiunto Giulio, tornando a criticare la scelta di sostenere i sistemi bancari, ricordando che "non e' il caso dell'Italia, dove per fortuna il denaro pubblico non e' stato usato se non in minima parte e in via di restituzione per le banche". La grande depressione "del secolo scorso", ha ricordato Tremonti, "fu gestita usando il denaro dei contribuenti per finanziare l'economia reale, industria e famiglie. Nelle crisi di questo secolo, invece, il denaro dei contribuenti e' servito a finanziare le banche, perche' sono sistemiche, si e' detto. C'e' pero' un piccolo dettaglio, che anche la speculazione e' sistemica nelle banche quindi e' stato usato il denaro pubblico per salvare, con le banche, anche la speculazione. E siamo tornati quasi al punto di partenza", ha spiegato il ministro.
    Che però è fiducioso. "Lasciamo che l'Europa risorga" ha detto, citando Winston Churchill, concluidendo il suo intervento alla tavola rotonda sulle Politiche economiche per il mondo futuro. "La crisi ha trovato i governi impreparati - ha detto Tremonti - e la sua conseguenza e' stata un cambiamento radicale della situazione. Se guardiamo alla mappa geopolitica del mondo, l'interazione e la competitivita' sono fra blocchi continentali: e' la fine dell'era degli Stati nazionali". Per questo, Tremonti ha concluso il suo intervento con la citazione del discorso del premier britannico alla fine della guerra, nel 1946: "let the Europe arise".

    E il ministro è tornato a parlare di Eurobond come strumento anticrisi, la proposta recentemente rilanciata dal presidente dell'Eurogruppo Jean Claude Juncker e dallo stesso Tremonti. "Non e' solo una questione tecnica", ma politica, ha detto riferendosi alle teorie del presidente americano Alexander Hamilton sulla "costruzione di una nazione".

    http://affaritaliani.libero.it/economia/cr...ioco060111.html
    .......

    Nel giorno in cui Berlusconi spara sulla magistratura rossa, magari per prepararci a qualche nuova legge ad personam, Tremonti porta una nuova critica al sistema bancario che noi non possiamo che condividere. La critica però riguarda " l'erba del vicino".
    In Italia servono soluzioni economiche e riforme. Assistiamo invece alla compravendita di parlamentari, ad attacchi giornalieri al sistema giudiziario, ad una telenovela degna di "Beautiful" sulle imprese sessuali del premier che si cimenta in record a luci rosse tra minorenni, bunga bunga, ed escort.
    Leggo il giornale e scopro che la Cina detiene il 7,3% dei bond Ue. Evidentemente la tigre asiatica dopo essersi impadronita di una fetta del debito pubblico degli USA punta a quello dell'area Euro.
    Si sta tutelando per diversificare le riserve cinesi in valuta estera o si prepara a garantirsi un arma di ricatto contro i paesi occidentali?
    Il debito pubblico di Portogallo e Grecia desta sempre forti preoccupazioni.
    I titoli messi all'asta a Lisbona sono stati sì piazzati, ma a caro prezzo con un incremento del rendimento di oltre il 50% ( 3,686% contro il 2,045 offerto nell'asta di settembre scorso ).
    Ieri è stato emesso il primo bond europeo a cinque anni destinato a sostenere l'Irlanda.

    Ne "Il Giorno" a pag. 19 scopro un articolo in cui viene pubblicato un rapporto in cui si evidenzia che 2 famiglie lombarde su 5 hanno i bilanci in rosso;
    Il 20% delle famiglie ha infatti consumato i propri risparmi per fronteggiare le spese di tutti i giorni, ed il 4% ha fatto ricorso ai debiti e non per beni di lusso ma per tirare avanti.
    Subito sotto trovo una intervista ad Anrea Ragaini ( un amministratore delegato della Carige che cura i clienti più facoltosi ).
    Afferma:
    " Il complesso della ricchezza detenuta in Italia dalle famiglie più abbienti, è salito quest'anno a 895 miliardi di €. Insomma la polarizzazione fra chi diventa sempre più ricco e chi sempre più povero è un fenomeno che non si arresta, anzi. Tutto a scapito di una classe media che si assottiglia sempre di più."

    In periodi di crisi sono sempre i più poveri a pagarne il peso. Un esempio lo ritroviamo nei telegiornali di tutti i giorni: dopo anni di agevolazioni statali italine la Fiat si è comprata la Chrysler negli Usa e Marchionne umilia operai e sindacati visto che grazie alle sue delocalizzazioni adesso può trasferire la sua produzione in varie parti del mondo.

    Se le vendesse là le automobili prodotte!


    Edited by [email protected] - 8/1/2011, 08:51
     
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    Lo stipendio di Marchionne.



    Il contratto di Sergio Marchionne, ceo della Fiat, prevede uno stipendio di tre milioni l’anno più un bonus variabile sui risultati. Nel 2009 è stato di 4,7 milioni. Ma il manager ha anche 10 milioni di stock option, il cui valore dipende dai prezzi del titolo Fiat. Al momento, per effetto dell’ottima performance delle azioni, le opzioni valgono un premio di 100 milioni di euro, pari allo stipendio di un anno di circa 6.400 operai del Lingotto.
    www.ilgiornale.it/interni/questanno...ge=0-comments=1

    Ma sempre da "Il giornale" trovo in rete:

    "No, chi crea ricchezza può essere super ricco

    Il punto non è quanto guadagna Sergio Marchionne, ma quanto può far guadagnare. Ovvio che uno legge e gli viene un attacco di rabbia mista a invidia: «Lo stipendio del numero uno Fiat vale quanto quello di suoi 6.400 operai». Il miglior modo di creare tensione sociale è alimentare i confronti: il padrone ricco e cattivo e il lavoratore povero e buono. La verità è che se Marchionne funziona, se la sua strategia per l’azienda è vincente, allora ne beneficiano anche quei 6.400 dipendenti e con loro tutti gli altri. Se invece fallisce, allora sì che è un problema per sé, per gli altri e per tutti. È qui che sta la differenza: non c’è nessuno scandalo a pagare cifre lunari a un supermanager fino a quando fa fare soldi alle aziende e così garantisce posti di lavoro e potenzialmente salari migliori per tutti i lavoratori. Il caso Marchionne non c’entra con lo scandalo creato dai bonus dati ai grandi manager di Wall Street: lì il problema era la vergogna di distribuire premi a chi aveva portato al collasso il sistema finanziario americano e mondiale. Fino all’esplosione del caso Lehman Brothers nessuno aveva visto con orrore la politica dei bonus. L’equazione era semplice: più soldi produci, più guadagni. Cinico, certo. Ma efficace. La follia è stata successiva: allo scoppio della crisi, quei manager non dovevano percepire alcun bonus. A qualcuno è successo, ad altri no. La distorsione è questa. Punto. Non il compenso dei manager in generale.

    La retorica con cui spesso vengono affrontati gli stipendi di questa «casta» ricorda quella usata per criticare calciatori e gente dello spettacolo: Cristiano Ronaldo, per esempio, guadagna in un anno quanto mille operai. Non sono i 6.400 di Marchionne, ma paradossalmente è un compenso che sembra ancora più folle perché è fine a se stesso. Crea lavoro? No. Alimenta mercato, il che porta, almeno teoricamente, occupazione e quindi eventuale distribuzione di reddito. Ecco, il bello è che per Marchionne e per i manager questo discorso vale direttamente: il loro lavoro si può quantificare davvero. C’è un obiettivo: lo raggiungi, guadagni; non lo raggiungi, non guadagni.

    La moralità c’entra poco: nessuno si è mai posto il problema di contare i soldi nelle tasche di chi con il proprio lavoro e le proprie capacità crea business e fa funzionare le aziende. Ovviamente al contrario è un pazzo scellerato chi non si pone il problema il manager non fa né il bene dell’azienda, né affari.

    Il mercato è una cosa seria che a volte finisce in mani poco serie. Invece di criticare a prescindere i numeri e le proporzioni, bisognerebbe pensare a criteri che individuino più precisamente il merito. Su Marchionne si parla della quantità di soldi, ma non del perché li riceve. Ovvero per un meccanismo finanziario, ma non necessariamente industriale e commerciale: la Fiat ha venduto meno automobili, ma è andata finanziariamente meglio dell’anno precedente. Quindi premio. Quindi denaro. Che siano l’equivalente di 64 operai o di 6.400 non fa differenza, se invece decidi di metterli in relazione anche a business reale di un’azienda forse sì.

    di Giuseppe De Bellis da ilgiornale.it"


    Questo articolo merita un commento.
    Innanzi tutto invito tutti i lettori a chiedersi se chi scrive una notizia possa mirare grazie alle proprie capacità dialettiche a veicolare messaggi nascosti e poi a valutare se la notizia subisce influenze dal background culturale dello scrittore. Infine invito a documentarsi ricercando notizie da chi ha una visione diversa su quell' argomento.
    In questo caso dobbiamo fare subito la tara ai commenti di un giornalista che di fatto ha come padrone l' uomo più ricco d'Italia e che è anche a capo del governo; ma anche supponendo che ne " Il giornale " si possa fare una vera campagna contro stipendi fuori dalla comprensione umana ( riuscite ad immaginare quanto sia alta una mazzetta da 50€ corrispondente a 100 milioni di €? ), non si deve mai subire acriticamente tutto ciò che si distacca dalla mera cronaca. Vediamo i punti critici in questo articolo.

    ...rabbia mista ad invidia...Il miglior modo di creare tensione sociale è alimentare i confronti: il padrone ricco e cattivo e il lavoratore povero e buono...salari migliori per tutti i lavoratori... è un pazzo scellerato chi non si pone il problema ( "se" aggiungerei io ) il manager non fa né il bene dell’azienda, né affari...

    Il giornalista accusa di invidia chi critica i compensi esorbitanti ( critici comunisti !!! ). Invita a non ragionare, a non fare confronti. Afferma che Marchionne potenzialmente garantisce salari migliori per tutti i lavoratori ( !!!!!!!! ). Infine dà del pazzo a chi non pensa al bene dell'azienda ( se gli operai vengono sfruttati è un aspetto del tutto marginale).
    Ma vi è anche la sua interpretazione in realtà veramente retorica sullo stipendio di Cristiano Ronaldo che secondo l'illustre scrittore non generara lavoro, dimenticando gli introiti televisivi ( anche da parte di mediaset premium ) e pubblicitari che garantisce quel calciatore e tutti gli addetti che campano intorno al calcio in genere. Dimentica infine che il suo padrone è proprietario della mia squadra del cuore e partecipa attivamente a mantenere alti gli stipendi dei calciatori.

    Edited by [email protected] - 8/1/2011, 08:52
     
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